domenica 1 agosto 2010

Recensione su gazzetta.it

E' stata pubblicata una recensione del mio libro sul sito della Gazzetta dello Sport, a firma di Valerio Piccioni:


Streltsov, un teddy boy nel gulag
MILANO (31 luglio 2010) - Meroni, Best, Cassano…Da quando è uscito, «Donne, vodka e gulag», il libro scritto da Marco Iaria che Limina ha mandato in libreria qualche giorno fa, sta trovando per il protagonista Eduard Streltsov tanti paragoni d’autore. Ci si potrebbe mettere sopra, come colonna sonora, pure il Vasco Rossi della «Vita spericolata» e il quadro sarebbe fatto. Ma Streltsov, il Teddy boy sovietico, spedito nel gulag dal premier dell'epoca, Kruscev e scongelato poi da Breznev, quasi una capriola della storia se non altro per questo, ha qualcosa di tutto suo.

FRA KRUSCEV E BREZNEV — Lo capisci dalle belle foto che sono la sosta ai box di un volume che si legge d'un fiato, quel passaggio troppo rapido dal ciuffo ribelle e lo sguardo di chi sa tutto della vita, tipico atteggiamento di chi riesce bene con il pallone, al sorriso reduce e stempiato del dopo. Dopo le accuse di stupro, dopo la Nazionale e la Torpedo perduta, dopo l'isolamento, dopo il Gulag con il suo contorno di trenta, quaranta gradi sotto zero. In mezzo c'è il mistero di un uomo. L'autore non ci dice: fu un errore giudiziario. Oppure: era innocente. Consente al lettore di farsi un'idea, di radunare i fatti e tradurli in opinione: l'ipotesi di una vendetta di una potente donna del Politbjuro, il voler studiare per forza, il non riuscire a staccarsi dal calcio e il sogno di tornare un giorno. Un giorno che arriverà, dopo un'interminabile vertenza. Forse il momento più bello del racconto è proprio l'avvicinarsi di questo ritorno, con la formazione delle riserve della sua Torpedo, nello stadio di Odessa, tutto per lui. In un'epoca, i primi anni '60, in cui la televisione era una bambina e i giornali schiavi impotenti della censura e del politicamente corretto, altro che perestrojka e Gorbaciov. Eppure a un certo punto, per il passaparola può bastare una radio locale, quello stadio si riempie, ora sono quarantamila e capisci che il gulag non ha spezzato il filo della memoria, Streltsov è rimasto nell'immaginario, con i suoi gol, due subito, nel primo quarto d'ora, tanto per ricordare subito a tutti che non s'è scordato cosa si fa con un pallone. «Donne, vodka e gulag», scritto con dovizia cronistica, ma senza la fretta tipica di una scrittura troppo giornalistica, ci dice anche quanto lo sport possa essere una chiave per studiare la storia del mondo. Non sarebbe male, insomma, se qualche professore decidesse di adottarlo anche sui banchi di scuola…
Valerio Piccioni

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